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THELONIOUS MONK: LA FIGURA DI UN PIANISTA CHE NASCONDEVA UNA SINGOLARE GENIALITA’

 

Thelonious Monk è stato un personaggio che con il suo eccessivo mutismo, la forte stranezza comportamentale e l’egocentrismo hanno influenzato ovviamente la sua musica rendendola unica. Da sempre fortemente criticato e sottovalutato, il suo stile è stato solo in tempi recenti studiato ed apprezzato.

Anticipazioni, cambi di tempo, dissonanze spinte, lunghe pause…

Un nuovo modo, il suo, di intendere la composizione jazz alla quale si ispirarono e ne fecero tesoro diverse generazioni successive.

Di Thelonious Monk è stato sempre detto che è stato un buon compositore ma un limitato strumentista.

La sua musica, inizialmente sottovalutata, sarà in seguito apprezzata da molti. Anche un noto e colto artista come Bill Evans ha considerato Monk un grande compositore.

Ciò che risalta nel suo modo di suonare è l’utilizzo delle dita tese e piatte, non arcuate come richiede la buona tecnica. Questo era determinante per il suono, il tocco duro e greve che ne usciva fuori. Forse lui preferiva le strane dissonanze proprio perché aveva difficoltà a suonare alcuni intervalli più ampi come le ottave a causa della posizione delle mani. La sua musica era colma di note sbagliate che lui considerava delle dissonanze, note accidentali e quindi “accettate”

Caratteristiche stilistico/esecutive principali del pianista:

·         frequenti ripetizioni di scale per toni interi;

·         uso delle quinte diminuite e delle terzine;

·         utilizzo di ritardi ed anticipazioni e spostamenti di accenti;

·         ampio uso di momenti di silenzio;

·         suoni duri e aggressivi.

Nel suo stile Monk dà più enfasi alla mano sinistra, le sue frasi sono caratterizzate apparentemente da note sbagliate, fuori di mezzo tono e talvolta portate ad una tensione che viene poi lasciata irrisolta. Spesso suona due tasti vicini contemporaneamente ottenendo un effetto di dissonanza. Quando percuote i tasti (con le dita piatte come detto prima) in momenti in cui si sente particolarmente preso dal suono scuote la tastiera con energiche gomitate.

Quando suona i pezzi che non sono suoi li destruttura e poi li reinterpreta stravolgendoli completamente con continui cambi di accento, anticipi, ritardi, silenzi.

Spesso si sente parlare di Monk di “primitivismo” e “infantilismo” musicale. Sono definizioni che risultano riduttive in apparenza ma in realtà denotano come la sua musica sia qualcosa di originale, assomiglia infatti tipo alle cantilene dei bambini mentre giocano per il carattere semplice, ripetitivo e libero.

Il pianista aveva molte stranezze ormai note a tutti. Era appassionato dei copricapo, non usciva mai con la testa scoperta, anzi spesso dormiva con i cappelli. Amava isolarsi per giorni e giorni senza scambiare una sola parola. Durante i suoi concerti si muoveva con dei passi di danza “per controllare che il ritmo fosse giusto”, diceva. Dormiva e mangiava irregolarmente e poteva rimanere sveglio per due, tre giorni di seguito.

Tutte caratteristiche di “geniale” stranezza.